Quanti dialetti ci sono in Italia? | ELLCI

Dialetti In Italia

Dialetti In Italia

In Italia esistono tantissime ricchezze, lo sappiamo. Tra queste ci sono sicuramente i dialetti, i quali hanno seguito un processo di sviluppo a partire dalla locale parlata latina volgare di una determinata zona e rappresentano uno dei tratti più belli e caratterizzanti di ciascun territorio italiano.

Quanti dialetti ci sono in Italia

Nati come lingue proprie di un territorio che, fino a poco più di 150 anni fa – una bazzecola! – era tutt’altro che unito, i dialetti sono numerosissimi e si conservano ancora oggi in forma quasi del tutto orale. Tra i dialetti più famosi troviamo certamente quello toscano, quello veneziano, il siciliano e il napoletano, anche per la grande quantità di opere letterarie e teatrali di cui disponiamo.

Se vi piacciono un pochino la storia e la linguistica, avrete sicuramente sentito dire – da qualche toscano – che l’italiano puro si parla, appunto, in Toscana. Senza esagerare con il patriottismo, possiamo sicuramente affermare che il dialetto toscano è stato fonte dell’italiano colto, da cui è iniziato tutto. Dante, Petrarca e Boccaccio, i capostipiti della nostra letteratura, sono tra i primi che hanno iniziato a regolarizzare l’italiano e a usare il volgare anche per le opere letterarie, prima quasi esclusivamente in latino e unico appannaggio di chi sapeva leggere (di colti, di nobili, di chi poteva istruirsi e quindi di ben poche persone).

L’avvento del volgare letterario ha inoltre dato il via alla “questione della lingua”, ovvero quella disputa su quale modello linguistico usare nella penisola italiana, di cui si è discusso per secoli. Essa è stata definitivamente risolta da Alessandro Manzoni, l’autore dei Promessi Sposi, a metà del 1800, il quale decise di “sciacquare i panni in Arno” e dichiarare il toscano contemporaneo ufficialmente italiano.

L’italiano, comunque, a dispetto della lunga lista di illuministi che hanno cercato di farne cultura per tutti fin dal 1700, ha iniziato a essere veramente di pubblico dominio solo dopo la prima guerra mondiale, nonostante l’istruzione fino ai 7 anni (con la Legge Casati) fosse obbligatoria già dal 1859. Un evento portentoso come una guerra mondiale, infatti, costrinse almeno i soldati italiani di tutte le regioni a comunicare in una lingua franca…e quale, se non l’italiano già pronto e disponibile?

Con l’avvento della televisione, il tasso di analfabetismo, che al momento dell’Unità d’Italia (nel 1861) era del 78% con punte del 90%, decrebbe vertiginosamente, e l’italiano finalmente entrò anche nelle case più lontane e radicate alla propria realtà locale. (Quasi) tutti ora capivano l’italiano!

Le persone, a ogni modo, hanno continuato a comunicare nei contesti familiari e intimi in dialetto, sicuramente una lingua d’affetto. Ancora oggi è così per tantissime regioni, anche se sfortunatamente i giovani lo conoscono sempre meno. Fatto gravissimo, in quanto la caratteristica dei dialetti è proprio quella di venire trasmessi oralmente e, come tutte le lingue, va praticata quotidianamente per mantenerla. Oltretutto, non dimentichiamolo: il dialetto viene considerato un patrimonio culturale dell’umanità, in quanto parte fondante dell’identità di ogni comunità.

Bisogna però prendere atto del fatto che in Italia esiste un numero pressoché innumerabile di dialetti, nonché di accenti, tutti meravigliosi. Fa’ conto che a volte, spostandosi solo di una manciata di chilometri da una città all’altra, gli abitanti che usano il dialetto non si capiscono tra loro!

Eccone alcuni tra i più simpatici.

 Il romanesco

Il romanesco, anche grazie all’industria del Cinema – a Roma si trovano i più importanti studi cinematografici, quelli di Cinecittà – è riconoscibilissimo e pieno di intercalari. Chi non si è mai sentito chiamare con un’“aò”, per esempio? Il dialetto romano spesso viene considerato solo una ‘parlata’ (un accento) più che un vero e proprio dialetto, perché sintassi e vocabolario sono molto vicini all’italiano. Una delle sue principali caratteristiche è per esempio il raddoppiamento sistematico della “b” [b], della “g” [ʤ] e talvolta della “d” [d] in tutte le posizioni tranne dopo consonante. Tipico dei romani è anche quello di tagliare i verbi all’infinito o di abbreviare o comprimere le parole: fa’ al posto di fare, anna’ al posto di andare, prenne al posto di prendere e così via. Una bella sfida per chi studia italiano a Roma.

Il pugliese

Il dialetto pugliese è sicuramente uno dei più divertenti, conosciuto innanzitutto grazie ad alcuni attori comici amatissimi dagli italiani, come Lino Banfi dei tempi d’oro o il più giovane Checco Zalone. I dialetti della Puglia non formano affatto una compagine omogenea, come succede invece per il dialetto di altre regioni, ed esistono almeno due gruppi di dialetti, quelli del gruppo meridionale intermedio e quelli del gruppo meridionale estremo. Prova a digitare su YouTube dialetto foggiano, dialetto barese o dialetto salentino e facci sapere quello che capisci (poco, probabilmente) e tutte le infinite differenze che riesci a cogliere. Meh!

Il milanese

Il milanese, spesso bistrattato e accostato – a ragione – al francese, ha anche lui tanti lati divertenti, sottolineati anche qui da un attore molto conosciuto e diventato icona dell’immaginario collettivo: Renato Pozzetto. Come dimenticarsi del suo TAAAAC? Ecco qui uno spezzone divertente dove potrai scoprire il significato di questa espressione meneghina, spesso usata umoristicamente per descrivere una cosa fatta in modo perfetto.

Milano, dove si trova ELLCI, è una città molto accogliente, nonostante la cattiva fama di cui spesso gode. Si dice infatti: milanes cunt el cor in man (lett. milanesi con il cuore in mano). Se vieni a Milano e vuoi integrarti perfettamente con i parlanti della zona, puoi fare una cosa semplice e grammaticalmente sbagliatissima, ovvero mettere davanti ai nomi propri l’articolo. Solo così il Carlo o la Martina saranno i tuoi nuovi amici. T’è capì?

Il sardo (lingua della Sardegna)

Se parliamo del sardo, dobbiamo proprio rimboccarci le maniche: molto simile alla lingua catalana, ha certamente base latina ma conserva nel suo vocabolario un sostrato linguistico degli antichi sardi. Un proverbio dice: Si ti queres sanu, faedda pagu (Se vuoi restare incolume, parla poco), quindi la chiudiamo qui. Ajò!

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Sitografia:

http://m.flcgil.it/scuola/la-lunga-storia-dell-obbligo-scolastico.flc#:~:text=L’obbligo%20a%2014%20anni,ufficialmente%20da%20Gentile%20nel%201923.&text=La%20cosa%20%C3%A8%20talmente%20vera,con%20la%20scuola%20media%20unica.